Packaging design il guardare oltre la scatola
Packaging design il guardare oltre la scatola, quando la confezione di un articolo può andare ad incidere sul valore dell’articolo stesso. In natura la “confezione” è fondamentale. I colori di una pianta, il piumaggio di un uccello, il manto di un animale, sono tutte comunicazioni: attrazione, pericolo e così via.
Il mondo del marketing non è dissimile da questo meccanismo e non è un segreto: le confezioni dei prodotti sono progettate per farsi notare, per farci desiderare il prodotto al loro interno. L’esterno spesso vale più del contenuto e siamo attratti più dalla confezione (capace in maniera illogica e irrazionale di comunicarci le qualità di quel prodotto) piuttosto che soffermarci a leggere le piccole scritte sul retro, così da valutarne effettivamente il suo contenuto.
Packaging design il guardare oltre la scatola
Gli specialisti del packaging design si affidano spesso alla psicologia per determinare ciò che può spostare i prodotti dagli scaffali alle mani dei consumatori perché l’obbiettivo di una confezione non è più semplicemente quello di contenere un prodotto, di imballarlo affinché non si rovini o sia facilmente trasportabile. Il suo obbiettivo è quello di farlo finire nel vostro carrello.
Per riuscirci, nulla viene lasciato al caso. La forma, i colori, i caratteri utilizzati, le immagini. Più un packaging è curato e più saranno le sue chance di sopravvivenza nella savana degli scaffali di un supermercato.
Ma non è solo una questione di impatto visivo, un buon packaging può far percepire un prodotto come più affidabile, più buono, più sano. Di conseguenza si capisce come la sua efficacia sia fondamentale. Può catturare l’attenzione del cliente, farsi notare rispetto al prodotto concorrente accanto a lui ma oltre al primo impatto, incide anche sul suo posizionamento sul mercato e sul suo prezzo di vendita.
In poche parole, il packaging incide sul valore percepito del prodotto, migliorando (o peggiorando) il suo reale valore. Non è poco per una semplice scatola!
Per fare un esempio, nell’immagine successiva vediamo una bottiglia di vino che si presenta in maniera curata ed elegante. Inconsciamente attribuiremo un valore a questa presentazione e percepiremo il vino come di buona qualità rispetto ad un altro, giustificandone magari un prezzo leggermente superiore. Tutto questo senza assolutamente conoscere la cantina che lo produce e, soprattutto, senza sapere se il nostro ragionamento risulterà corretto una volta aperta la bottiglia.
PACKAGING COME MARCHIO
Alcuni packaging sono diventati addirittura il prodotto stesso. L’esempio più classico di marchio è sicuramente quello della bottiglia della Coca Cola, ritoccata negli anni ma ancora riconoscibile ovunque nel mondo anche da lontano e senza etichetta. Ma possiamo anche pensare alla caratteristica confezione a “pacchetto” del Philadelphia oppure al tubo delle Pringles, così come alla confezione a forma di anatra del Wc Net. Eppure ci sono casi meno famosi sebbene più clamorosi.
Immaginiamo di essere al supermercato ed improvvisamente ci ricordiamo di dover comprare il latte. Ci verrà subito in mente la sua confezione in tetrapack ed inizieremo a cercarla tra i reparti, ma non era così qualche anno fa, quando la bottiglia di vetro era invece lo standard. Il packaging ha impresso due immagini diverse a due generazioni diverse. Eppure il latte all’interno non è cambiato… Spingiamoci ancora oltre ed andiamo nel reparto del tonno. Qualcuno cercherebbe qualcosa di diverso da una scatoletta tonda? Anzi, probabilmente se qualche produttore non la utilizzasse, sarebbe persino penalizzato. Siamo talmente condizionati dal packaging da provare disagio quando questo esce dagli schemi che ci aspettiamo.
PACKAGING CREATIVO
Il packaging design deve quindi uniformarsi a se stesso? Assolutamente no, ma sicuramente si muove su un sottile filo rosso che divide la genialità dal fallimento. Fortunatamente vi sono anche casi di packaging estremo che escono completamente da ogni schema, puntando tutto sulla sorpresa o sul gusto per l’inaspettato… ma questo è argomento per un’altro articolo!
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